martedì 20 agosto 2013

C'era odore di pioggia

Siamo così astratti quando si parla d'amore.

Julieta

Mood:  photo pensive.gif Pensive

domenica 31 marzo 2013

sabato 11 agosto 2012

I Scream, You Scream, We All Scream For Ice Cream - Vol.3

Ebbene sì, signori miei. La disperazione, il bisogno di vil danaro e la vana promessa di un contratto (AH! MA CHE BURLONE IL MIO TITOLARE!) mi hanno portata anche quest'estate a lavorare nello stesso posto di merda dell'anno scorso (per le puntate precedenti, vedere qui qui).

E come negli episodi dell'anno passato, le anime semplici, i vecchi e le teste di cazzo costituiscono un carosello che merita qualche menzione speciale.

10. The circle of life.

*Gelateria ancora chiusa. Sto tirando fuori dal frigo le vasche di gelato, entra un cliente*
Cliente: "E' aperto?"
Julieta: "... No signore, apriamo fra 10 minuti."
C.: "Ah. Ok."
*resta lì un attimo a guardarmi lavorare*
C.: "Ma quindi ogni giorno rimettete il gelato nel bancone?"
J.: "Mah, a dire il vero di solito viene generato spontaneamente dal banco, ma stanotte ha avuto qualche problema... Comincia ad avere la sua età."


9. Gentilissima, così lo do al prossimo che mi chiede un assaggio.

C.: "Posso assaggiare crema spagnola?"
*Do un po' di gelato col cucchiaino.*
C.: "Mmm... Buona. Grazie."
*mi riallunga il cucchiaino*
J.: "Signora quello lo può anche tenere..."


8. La prossima volta te le tiro in faccia, le palline

C.: "Un gelato piccolo."
J.: "Cono o coppetta?"
C.: "Ma... Piccolo..."
J.: "Sì, ma cono o coppa?"
C.: "Mah... Una pallina."


7. Un bel bicchiere d'acqua? No?

C.: "Vorrei qualcosa di fresco... Faccia lei."
J.: "Melone?"
C.: "No, non mi piace."
J.: "Limone?"
C.: "No..."
J.: "... Yoghurt?"
C.: "No... Ecco, faccia cioccolato."


6. You don't fucking say.

C.: "Vorrei un frappè al pompelmo rosa."
*assaggia*
C.: "Ha un sapore un po' strano."


5. Lei ha fatto il classico, vero?

C.: "Mi dia una vaschetta da 1 kilo."
J.: "D'accordo. Sono 10 palline."
C.: "Va bene. Allora me ne dia... 3 pistacchio... 3 nocciola... 3 fior di latte... 3 menta... 2 melone... 3 caffè... Ce ne stanno anche 2 al mascarpone?"
J.: "Certo. Le metto tutte in un secchio, con le uova in cima?" (cit.)


4. Ora firmi qui col sangue

C.1: "Io un cono crema e cioccolato."
*si rivolge all'amica*
C.1: "Tu cosa prendi?"
C.2: "No, io..."
*mi guarda*
C.2: "Io posso andare a prenderlo da Grom?"
J.: "No signora. E dal momento in cui ha messo piede qui dentro la sua anima appartiene a me."


3. Se vuoi nascondere qualcosa, mettilo bene in vista.

*anziana guarda il bancone dei gelati per 10 minuti*
C.: "Ma il gelato..."
J.: ?
C.: "A che gusti lo avete?"
J.: "..."

2. E quello alla fragola sa di caccola.

C.: "Ma il gelato alla cannella... Di cosa sa?"
J.: "Sa di merda, signore. Di m-e-r-d-a."


1. Non si finisce mai d'imparare

C.: "Vorrei un cono ai frutti di bosco."
J.: "Mi dispiace signore, ma stasera non posso farle il cono perché il gelato è troppo molle, glielo metto in una coppetta?"
C.: "Una coppetta? Ma a me non piace, la coppetta!"
*perplessità*
J.: "Lei lo sa, vero, che non la deve mica mangiare?..."


Considerazioni personali:
- Come si fa a mangiare il fior di latte? Come, buon Dio, che non sa di un tubo?
- Un cono liquerizia e limone? I mean, seriously? Già la liquerizia fa schifo, se ci metti insieme il limone ti esce qualcosa che sa di vomito!
- Tu che mi paghi 1,40€ con 50€, tu, proprio tu, DOVRESTI MORIRE ORA.

Julieta

Mood:Photobucket Pensive

giovedì 19 aprile 2012

La Gaia Esperienza Dell'Andare A Ricevimento

(Si avvisano i Signori Lettori che il post qui sotto contiene violenza verbale politicamente scorretta, turpiloquio e blasfemia. Se siete persone acute, non è escluso che fra le righe possiate anche trovare degli insulti rivolti a vostra madre.
E comunque sì, avere il ciclo rende tutto più -issimo)

Svegliarsi alle 6.45 con la gioia nell'animo di un metalmeccanico 50enne in cassa integrazione.

Arrivare a Cà Vendramin e scoprire che la mattina stessa la burlona della docente ha anticipato il ricevimento.

Capire dove minchia sia finita la lista della gente che deve parlare con la prof.

Avvicinarsi strisciando alla docente che fa ricevimento, chiedendole di aggiungere il proprio nome alla Lista degli Eletti (perché lasciare la lista disponibile al pubblico sarebbe... mmm... come dire... mmm... troppo pratico?), beccarsi un'occhiataccia per aver interrotto, resistere alla tentazione di rovesciare il tavolo mandando a fanculo gli astanti.

Vedere che davanti a te ci sono, a occhio e croce, due milioni di stronzi (migliaio più, migliaio meno).

Notare come la composizione dei suddetti stronzi sia:
50%: Cerebrolesi autistici del primo anno, che armati di Bunka Shokyuu Nihongo*, impallano la fila per 2 ore perché sconvolti e confusi dalla complessità semantica, sintattica e grammaticale di frasi quali (permettetemi una sostituzione con l'inglese per far capire anche ai meno fortunati) "My name is Potato", e coglioni probabilmente affetti da tumore al cervello in fase terminale che (in quanto nel giapponese è veramente un casino della Madonna capire quale sia il soggetto di una frase) intavolano filippiche intorno a "I like trains".
45%: Persone a caso che devono far firmare cose a caso a docenti a caso (ma nel TUO caso, è sempre il docente che stai aspettando), che a prima vista ti sembrano placidi e innocenti, poi entrano dal prof. e ne escono due ere geologiche dopo (la mia teoria è che Cà Foscari rilasci i documenti su lastre di marmo, e gli insegnanti - malati di Parkinson all'ultimo stadio - debbano firmare usando la mano sinistra e uno scalpello fatto di Didò).
5%: Poveri cristi che devono parlare di cose di nessuna importanza - boh, che so io, tipo la tesi.

Decidere di passare il tempo (1 ora e 15 minuti) lodando il Signore.

Entrare a ricevimento alle 10.35 e uscirne alle 10.40.

Cercare una sedia libera in biblioteca, e constatare che TUTTE sono occupate da amebe rimbamba e sulla soglia dell'handicap mentale del triennio, occupatissime ad andare su Facebook, fare Sudoku o esplicare la nobile funzione della masticazione di chewing-gum.

Decidere di tornare a casa, pregando che ben presto un altro pezzo di soffitto plani in testa a qualcuno... O anche tutto il Dipartimento, va là.

*Libro di grammatica e esercizi del primo anno

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Julieta

Mood:Photobucket Nauseated

giovedì 22 marzo 2012

Meanwhile, in Japan - 16 / Quello Che Resta

Il biglietto del ritorno sul tavolo, un sacco di scontrini nel portafoglio e nel cestino, una valanga di gadget comprati in uno dei più bei quartieri di Tokyo, Shinokubo, un pacchetto di tsunaage (1), i biglietti d'ingresso dei templi di Kyoto, la cioccolata al maccha (2), tre scatole di karee (3), la scatola degli okashi (4) che mi ha regalato la mia okaasan (5), le monetine da uno yen che sembrano quelle del Monopoli e non pesano niente, le posate che ho "preso in prestito" in mensa e che non ho mai restituito, il porta-biglietti della Keio-sen (6), un orologio, un biglietto da visita, fotocopie a non finire, l'odore del conbini (7) ancora nelle narici, le vocine moleste del Don Quijote ancore nelle orecchie, la lista delle buone intenzioni una volta rientrata in Italia, una pila di purikura (8) scattate in ogni dove, le bollette care come la morte, pile e pile di cd comprati a prezzi ridicoli, gli accessori di Forever 21, un paio di scarpe che sono un amore, le foto alle feste di Micheal (PRRRRRRRRRRRRRR), i cosini da attaccare al cellulare di Star Wars, i ricordi di quel maledettissimo treno locale verso Shibuya, con le sue 16 fermate lungo la via quando ero già dannatamente in ritardo, dei sorrisi, dei "Taihen ni omatase shimashita...." "Ma de che, son 3 secondi che sono in fila!" (9), dei bambini di 5 anni che tornano a casa da soli, della vecchia che in treno si addormentava con la faccia dentro la borsa, del K-Pop, della gita da suicidio a Kamakura, della pizza al formaggio del Kin-no-Kura, della Tokyo Tower illuminata la sera di Capodanno, dei marciapiedi strettissimi e le strade in centro a 8 corsie, del cielo grigio di Shibuya alle dieci di sera, quasi illuminato a giorno, della boy band (?) in discoteca, della nevicata allucinante che in 2 ore ha coperto tutto il campus di neve, dei matti scatenati che vanno a correre alle 6 di mattina nei giorni di festa, di Kyoto, che è come il centro di Bologna: non si perde neanche un bambino, del kaishain (10) con gli occhi da assassino e i capelli bellissimi, dei pellegrinaggi ai Book-Off, della lavatrice che lava a freddo, dell'odore di incenso di Kyoto, del vagone per sole donne, di Hanazono-sensei-Dj, di quando al Kiyomizudera per la prima volta ho lanciato una moneta e ho unito le mani non per chiedere ma per ringraziare, l'aver scoperto che tutte le metropolitane del mondo hanno lo stesso odore, il pensare che lasciare Tokyo all'inizio della primavera è un delitto, il sapere che anche se piangi in treno non ti guarda nessuno, la consapevolezza che dire "Sì" più spesso paga, l'avere una piccola dose di sicurezza in più, il capire che essere felici non è avere ciò che si vuole, ma esserne riconoscenti.

E il non voler andare via.

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1. Tipo di salatini
2. Tipo di the' verde dal gusto amaro
3. Curry
4. Dolci giapponesi tradizionali
5. Letteralmente, mamma. La signora che mi ha ospitato 3 anni fa a Kyoto, in homestay
6. Linea Keio (compagnia ferroviaria)
7. Convenient Store. Negozi che vendono un po' di tutto
8. Foto che si possono scattare nei game-center, e poi decorare a piacere
9. "Mi perdoni se l'ho fatta aspettare così tanto". Frase comunemente detta dai commessi nei negozi
10. Impiegato / White Collar

Julieta

Mood: Photobucket Melancholy

martedì 20 marzo 2012

Meanwhile, in Japan - 15 / Miscellanea: di Ginza la Bella, di Paure e di Appunti Bevendo un Caffè

Ginza ti ride in faccia, cristallina e quasi sfacciata. Le manca un po' il pudore: sa di essere bella, con i suoi grattacieli di specchi, le boutiques d'alta moda e la stazione di polizia più sciccosa di Tokyo, tutta lucida e dal taglio moderno; un quartiere elegante e silenzioso, pulito, e che, diciamolo, un po' ti fa sentire fuori posto. Ci possono anche provare, le commesse del Matsuya, sorridenti, belle e raggianti di luce propria, a mettermi in mano creme di bellezza da 30 euro la noce; voci impostate, affascinanti, sembrano proprio non accorgersi (e per questo un po' le vorresti ringraziare) che per rendere pienamente tangibile la mia differenza sociale, al mio outfit composto da jeans scoloriti, giacca a vento bella-perché-è-comoda, scarpe da tour-de-force e occhiaie che arrivano al mento mancherebbe solo un pezzo di carta igienica attaccato alla suola.


Sorrido, ringrazio, mi inchino, e torno in strada. In mezzo ai grattacieli, compaiono il teatro kabuki e sporadici vecchi edifici, dall'aria di essere capitati lì per caso. E più in là il 7-Eleven, che in un angolino poco illuminato, incastonato tra un Swarowsky e un Armani, sembra quasi in castigo. Per trovare un posto dove mangiare si deve scarpinare, naso all'insù, seguendo i riflessi colorati sulle pareti a specchio, tra i manichini e le insegne dai nomi francesi (perché, al momento, una colazione da Tiffany non posso proprio permettermela).

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Trova l'intruso

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Il menù

E in mezzo alla folla, tra turisti, kaishain, i pochi studenti e quelli che sembrano tanto dei modelli, appare di tanto in tanto una bella signora in kimono e zori, che scivola via rapida nella corrente, forse diretta a teatro a vedere l'ultimo spettacolo di Matsumoto Kôshirô.


Da Starbucks, nel bagno, un cartello attira la mia attenzione: "Please let us know if you find any suspicious package". E mi si stringe un po' il cuore, perché l'Aum Shinrikyô fa parlare di sé anche a distanza di più di quindici anni (dimostrato anche dal fatto che trovare un cestino dove buttare le cartacce a Tokyo è praticamente impossibile). 


Starbucks, dove i giapponesi passano ore e ore a studiare, a lavorare al computer, o a leggere i libri di cui spesso non posso sapere il titolo perché quasi tutti hanno le sovra-copertine che li rendono anonimi. Starbucks, dove il caffè espresso non sembra più così male come lo era sei mesi fa, e dove non ho ancora potuto assaggiare un frappuccino, perché fa ancora decisamente troppo freddo.
Starbucks, che assieme a McDonald's, accoglie i profughi delle 5 del mattino, intrappolati nel limbo post-discoteca/karaoke - pre-primo treno della giornata.


Prendo la mia giacca, ed esco dal bar. Dopo aver fatto neanche due passi, mi giro sorpresa, sentendomi chiamare: un'altra cliente mi corre incontro, domandandomi se è mio il cellulare lasciato sul tavolo. No, è dell'uomo che al momento è in fila al bancone per ordinare un caffè: in Giappone, per occupare un posto, non si lascia la giacca o un amico, ma è cosa comune appoggiare il telefono o il portafoglio.


Perché è anche cosa comune ritrovarli.


Julieta

Mood: Photobucket Sleepy

mercoledì 29 febbraio 2012

Meanwhile, in Japan - 14 / Shake, Bet and Wait

Ti trovi attualmente in Giappone?
Abiti ad un piano superiore al terzo? 
Sei dotato di una connessione internet e di un account Facebook?  

E allora cosa aspetti?!?

Gioca anche tu a SHAKE, BET and WAIT! 

Ogni settimana (minimo) avrai la possibilità di mostrare a tutti i tuoi amici, stando semplicemente seduto alla scrivania o sdraiato sul letto, quanto sei bravo a stimare l'intensità e la distanza dei terremoti!

Partecipa anche tu a quello che è ormai diventato il gioco dell'anno! Quante emozioni con SHAKE, BET and WAIT!


(Qui sotto, la prova che a questo gioco sono una bestia)

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E un po' passa la paura.

Julieta

Mood: Photobucket Cold